sabato 15 giugno 2013

Conclusioni!

Avendo ora una base dei settori sociali influenzai dall'automobile possiamo dunque concludere che è accaduto più frequentemente che la società si sia plasmata secondo le esigenze dell'automobile rispetto il contrario. Tuttavia ora è necessario chiedere all'auto, nostra fedele compagna di vita, di aiutarci a venire incontro ad un pianeta che non regge gli attuali ritmi di consumo. Si dovrà perciò giungere ad un compromesso tra passione, design, prestazioni e rispetto dell'ambiente senza però dimenticare che l'auto non è più un oggetto ma una parte di noi......

la sfida è aperta...oltre ad attendere le soluzioni, da studente di ingegneria meccanica, spero di partecipare al raggiungimento di queste ultime.


P.S.  Si allega un elenco dei temi trattati in questo blog:

-Motivazioni

-Tempo che passiamo in coda in auto

-Il Marketing e l'auto

-Il genere del sostantivo "Automobile"

-L'auto e il cinema

-L'auto e la politica

-L'automobile in Italia

-Differenze di gusti automobilistici

-Conseguenze sociali dovute alla diffusione dell'auto

-Obiettivi e scopi posti all'esordio dell'automobile

-Conseguenze negative dell'auto

mercoledì 12 giugno 2013

Conseguenze negative dell'auto


Tali conseguenze è possibile dividerle in tre categorie:
-Inquinamento
-Autofobia
-Esagerazione di interesse

Il primo punto, a lungo dibattuto, si centra sulle emissioni derivanti la combustione dei carburanti utilizzati per le quattro ruote. La polemica si divide tra innocentisti e colpevolisti:  i primi, di cui fa parte il professore Umberto Veronesi sostiene che la causa principale di inquinamento nelle aree urbane sia il riscaldamento domestico e che l’accusa dell’auto come mezzo inquinante sia infondata. Inoltre la maggior parte delle emissioni di polveri sottili (PM10 e CO2) sono date da Stati Uniti e Cina, le quali singolarmente inquinano più di Europa e Russia insieme.
Sembra dunque che l’automobile non sia la prima fonte di inquinamento sulla quale lavorare, tuttavia le case automobilistiche stanno studiando fonti energetiche alternative, sviluppando motori elettrici, a idrogeno e a bioetanolo. Nel corso dell'anno seguente è importante sottolineare l’aumento delle vendite delle auto a gas ed ibride (motore termico accoppiato ad uno elettrico), favorite dai forti incentivi statali.

Per quanto riguarda l’autofobia, tale termine viene usato per indicare la polemica alimentata dalla stampa automobilistica e dai settori produttivi connessi all’automobile, settori secondo i quali in Italia era sempre stato presente un forte sentimento anti-motorizzazione.
La prova di tale atteggiamento veniva individuata nella tassazione a cui era soggetto il settore automobilistico, in particolare nell’imposta sui carburanti e nel bollo di circolazione. Nel 1964 tale “autofobia” raggiunse il picco con l’introduzione della tassa sull’acquisto di un’automobile nuova destando un’ulteriore protesta per parte dei cittadini.
Alla luce di quanto accaduto fin ora non è certo possibile accusare il governo di un sentimento autofobico: in primo luogo perché Il parlamento fu sempre favorevole allo sviluppo della mobilità su ruote, e in secondo perché lo Stato ha sempre aiutato la FIAT a superare i periodi di crisi, dando incentivi all’acquisto di automobili

L’ultimo punto consiste nell’esagerazione, cioè quando la passione per l’automobile sconfina nel cattivo gusto. Talvolta infatti l’auto diviene un oggetto di fissazione al punto da sminuirlo al posto di valorizzarlo. 

lunedì 10 giugno 2013

Obiettivi e scopi posti all’esordio dell’automobile


La nascita dell’auto non corrispose alla immediata diffusione del mezzo, infatti, i primi mezzi avevano come obiettivo una mobilità a breve raggio e destinata a pochi facoltosi proprietari: la diffusione di massa fu quindi un processo lento.
Ciò che avvicinò fin dal principio la popolazione all’auto, fu l’automobilismo sportivo. Le corse automobilistiche destavano infatti curiosità nelle persone che accorrevano numerose ai cigli delle strade utilizzate per le corse. Questo primo fenomeno (le corse sportive) permise la nascita del sogno del possesso dell’automobile.
La diffusione vera e propria dell’auto si verificò poi in due momenti differenti:
-Il primo quando alcuni modelli come La FIAT 509 e la FORD T divennero modelli più accessibili ma ancora riservati a pochi.
-Il secondo quando con il boom economico e la costruzione di un modello compatto ed economico come la FIAT 500 anche le classi operaie poterono accedere al sogno a quattro ruote.
Inoltre è importante ricordare che la maggior parte delle innovazioni che troviamo sulle nostre autovetture sono frutto della ricerca e dell’esperienza delle corse e del settore militare.
Si possono dunque dire  raggiunti e superati gli umili obiettivi posti all’esordio del mezzo e lontani dagli ambiziosi numeri che oggi le case automobilistiche vogliono raggiungere nelle vendite.

Le conseguenze sociali della diffusione dell'auto


Tra gli anni 1958 e 1974, l’automobile ebbe il duplice ruolo di di motore del sistema produttivo e di attore del cambiamento sociale. Senza dubbio senza la rapida diffusione delle quattro ruote, l’Italia non avrebbe goduto dell’età dell’oro.
Per quanto riguarda il primo ruolo, l’auto fu indispensabile per la creazione di nuovi posti di lavoro, da un lato nelle industrie (FIAT, Alfa Romeo, Lancia e aziende collaterali), dall’altro nella costruzione della rete stradale ancora in fase di sviluppo.
Per quanto riguarda il cambiamento sociale, è importante sottolineare che l’automobile permise l’apertura dei primi centri commerciali e la nascita del turismo estivo. Le famiglie che disponevano di un veicolo potevano ora affrontare viaggi impegnativi in libertà in breve tempo.
L’autovettura fu, inoltre, uno strumento di emancipazione soprattutto per le donne che conquistarono una mobilità mai conosciuta prima.
 Tuttavia da quanto si legge nel numero di marzo 1961 di “Quattroruote” le donne alla guida suscitavano dubbi e perplessità negli uomini:
“[…] ogni volta che si incontra una vettura che marcia ostinatamente in mezzo alla strada, che esita ad un bivio, che compie una manovra stravagante, che aziona il lampeggiatore di destra per girare a sinistra, ebbene, secondo gli uomini, impossibile sbagliarsi: al volante c’è una donna.”
Per fortuna questi luoghi comuni sono oggi sfatati a favore di giudizi lusinghieri riguardo la guida femminile. Secondo i dati provenienti dalle assicurazioni e raccolti grazie alla patente a punti le donne oltre ad essere più rispettose delle regole, commettono anche meno sinistri.

Altro merito sociale dell’auto fu quello di cambiare i rapporti tra genitori e figli, permettendo a questi ultimi di liberarsi dal controllo parentale. Grazie alla nuova mobilità non ci si incontrava più sotto la vigilanza degli adulti ma nei locali da ballo. L’automobile ha avuto inoltre due simboli:
 Il luogo dove le giovani coppie potevano incontrarsi senza essere controllate dagli adulti.
La libertà e la spregiudicatezza rappresentata da modelli come la Citroën 2CV e il pulmino Volkswagen.



Installazione del Museo dell’automobile di Torino rappresentante l’auto come luogo di incontro


Il furgone Volkswagen simbolo degli Hippy

La diffusione dell’auto fu invece mal vista dal settore religioso. A preoccupare gli ecclesiastici erano infatti le questioni di ordine etico e morale. Le difficoltà ad accettare il fatto che un religioso potesse mettersi al volante non apparteneva solo alle gerarchie religiose o al clero più anziano, ma anche nei confronti dei fedeli che, soprattutto nelle campagne non sopportavano l’idea di vedere frati e preti alla guida. Il motivo principale per cui i vescovi delle diocesi tendevano a limitare la diffusione dell’auto  fra il clero secolare era dovuto al sospetto e al mal giudizio  dei fedeli, i quali accettavano che i sacerdoti utilizzassero la macchina esclusivamente per le necessità imposte dal loro ministero. Le gerarchie ecclesiastiche pensavano anche che il possesso di una negativa si sarebbe potuto ripercuotere sulle opere caritative dei fedeli dando infatti un’immagine poco umile della figura religiosa.
Nonostante questa diffidenza i religiosi sono oggi stati sedotti dal fascino delle auto al punto da dipenderne come ogni altro cittadino.

mercoledì 5 giugno 2013

Differenze individuabili a livello geografico


Prendendo come esempio gli anni 60 vi è una notevole differenza tra gusti Europei e Statunitensi (ancora oggi presenti). Se in America vi era la moda delle grandi auto con le “pinne”, nel Vecchio Continente, si diffondevano le piccole utilitarie (Fiat 500).

                                                        Cadillac Eldorado (1959)




 Fiat 500 (1957)


Per quanto riguarda le ragioni storiche è possibile prendere come esempio la Germania dopo la Seconda Guerra Mondiale. Se nella parte Ovest della nazione circolavano auto “normali” come nel resto d’Europa, nella parte Est della città le uniche auto visibili erano le piccole ed economiche Trabant, costruite in plastica e resina.



                           Questa piccola auto è diventata il simbolo della Germania dell’est

martedì 4 giugno 2013

L'automobile in Italia


Dopo aver definito lo sviluppo generale dell’auto nella società, è possibile studiare come ciò sia avvenuto nella penisola italiana. L’auto in Italia assume infatti un ruolo differente da quello che ha nella maggior parte del mondo.


Nel periodo che va dagli anni 20 agli anni 60 l’automobile assunse il compito di semplice mezzo di lavoro. Il boom economico degli anni 60 permise alle famiglie italiane l’apertura a prodotti onerosi come televisioni, lavatrici e appunto automobili, talvolta grazie a prestiti. Nei gruppi familiari dei primi anni 60 i consumi automobilistici rappresentavano una voce di bilancio consistente e seconda per importanza solo all’alimentazione. Questo fenomeno confrontabile con il resto del mondo è da attribuirsi al contesto storico Italiano:
Nell’area scandinava (delle nazioni chiamate “soddisfatte”) le vetture erano considerate un veicolo utilitario e le caratteristiche più apprezzate erano la regolarità di funzionamento, l’affidabilità e la comodità, mentre l’estetica era ritenuta secondaria.
Nei paesi con un alto tenore di vita come Stati Uniti, Svizzera e Olanda l’auto perdeva il suo valore di status symbol attribuendole però sempre scopi di prestigio. L’auto non era più un oggetto da accudire ma un oggetto che facesse bene il suo scopo.


Negli Stati che attraversavano una fase rivoluzionaria ( Argentina, Messico, Brasile, Spagna) l’automobile veniva considerata come un primo passo verso l’innovazione tecnologica e un nuovo potere d’acquisto.
Per ultimo, nelle nazioni come Italia, Francia, Inghilterra, Australia e Giappone che si trovavano in una fase di transizione,  l’automobile assumeva la veste di uno status.
      L’auto era considerata quindi un oggetto di distinzione sociale e venne classificata tra gli “shopping goods” il cui acquisto era dettato dalle connotazioni simboliche del prodotto. Gli “shopping goods” sono oggetti caratterizzati da un elevato investimento affettivo che rende l’acquisto emotivamente coinvolgente e talvolta problematico.
Le quattro ruote avevano perciò assunto  una notevole importanza socio-culturale e psicologica e  Roland Barthes, saggista e critico letterario francese, nel cogliere questo aspetto affermò:
 “[…] fate parlare qualcuno dell’auto che possiede, o di quella che avrà, e saprete immediatamente che cosa pensa della vita, della sua famiglia del suo paese.”



Come visto in precedenza tale concezione dell’auto non è conforme a tutti paesi: è possibile infatti associare ad ogni stato una Casa Automobilistica, quasi sempre in stretta relazione con lo stato di appartenenza.                                                                         
    La Fiat rappresenterà quindi la famiglia italiana, le svedesi Volvo e Saab l’attenzione scandinava per la sicurezza, le Citroën e le Peugeot la signorilità francese mentre le tedesche Volkswagen, Audi e BMW l’efficientismo, la qualità e la sobrietà teutonica.

L'auto e la Politica


L’AUTOMOBILE ha avuto un forte impatto anche sulla POLITICA: l’ avvento dei veicoli a quattro ruote ha obbligato i governi di tutti i paesi a trovare una soluzione al crescente numero di veicoli circolanti.

Si decise così la costruzione di una rete stradale sviluppata e l’introduzione della “Patente” (1901), autorizzazione amministrativa che permette la guida dei veicoli.
In Italia la politica dovette dedicare una particolare attenzione anche negli anni ’60, quando il boom economico permise ad un’ampia parte della popolazione di esaudire il desiderio di possedere un’auto. In questo periodo, fra i politici vi era un’unanime adesione al “sogno automobilistico”, tuttavia mutavano le ragioni del consenso. Se gli esponenti della sinistra consideravano l’automobile come uno strumento per l’emancipazione dei lavoratori e un mezzo per migliorarne la qualità di vita, i rappresentanti di centro e di destra, consideravano l’automobile come uno strumento di lavoro e un simbolo di libertà, di pace sociale e di progresso. Entrambi gli schieramenti vedevano però nell’auto il mezzo che potesse velocizzare gli spostamenti degli operai tra posto di lavoro e abitazione.
Questo incondizionato favore verso l’automobile si esplicitò nel piano autostradale proposto da Fanfani nel 1961.